Lo smaltimento dei rifiuti nucleari
Le considerazioni generali necessarie per la classificazione dei rifiuti (scorie) nucleari, sono:
- per quanto tempo i rifiuti resteranno ad un livello pericoloso;
- qual è la concentrazione del materiale radioattivo nei rifiuti;
- se i rifiuti generano calore.
La persistenza di radioattività determina per quanto tempo i rifiuti devono esser gestiti. La concentrazione e la generazione di calore indicano come devono esser maneggiati. Queste considerazioni forniscono anche informazioni sui metodi idonei di smaltimento.
La classificazione varia leggermente da Paese a Paese, ma generalmente le categorie accettate internazionalmente sono:
- rifiuti a bassissima radioattività o non radioattivi;
- rifiuti a bassa radioattività;
- rifiuti a radioattività intermedia;
- rifiuti ad alta radioattività.
I rifiuti a bassissima radioattività o non radioattivi includono quantità trascurabili di radioattività e possono essere trattati come i rifiuti domestici.
I rifiuti a bassa radioattività includono la maggior parte dei rifiuti derivanti dal ciclo di combustibile. Comprendono carta, stracci, strumenti, vestiario, filtri e altro, che contengono piccole quantità di radioattività essenzialmente a breve vita. Non richiedono schermatura nelle fasi di maneggio e trasporto e di riduzione del volume prima dello smaltimento. Rappresentano il 90% del volume totale, ma contengono solo l’1% della radioattività complessiva.
I rifiuti a radioattività intermedia comprendono maggiori quantità di radioattività e, di norma, richiedono una schermatura. Lo schermo può essere una barriera di piombo o di acqua per proteggere dalle radiazioni penetranti come i raggi gamma. I rifiuti a radioattività intermedia comprendono essenzialmente resine, fanghi chimici, rivestimenti metallici del combustibile. Possono esser inglobati in calcestruzzo o bitume per lo smaltimento.
I rifiuti ad alta radioattività includono i prodotti di fissione e gli elementi transuranici prodotti nel reattore che sono altamente radioattivi e generano calore. Questi rifiuti rappresentano oltre il 95% della radioattività totale anche se la quantità di materiale prodotto è modesta, circa 25-30 tonnellate di combustibile spento o tre metri cubi per anno di rifiuti vetrificati per un grande reattore.
Per gestire i rifiuti ad alta attività sono utilizzate due differenti strategie: lo smaltimento profondo e quello esteso. Il primo avviene entro rocce stabili e profonde, e ha registrato progressi significativi negli ultimi dieci anni, particolarmente per quanto riguarda la comprensione, la caratterizzazione e la modellazione delle barriere di sicurezza naturali o appositamente costruite. Il secondo, invece, è considerato dalla comunità come una alternativa allo smaltimento profondo, che al più offre un rinvio allo smaltimento finale.
I rifiuti ad alta radioattività rimangono radioattivi per un lungo periodo di tempo e devono esser isolati dalle persone per migliaia di anni fino a che i loro livelli di radioattività si siano ridotti. Depositi geologici sono previsti entro formazioni rocciose stabili nei maggiori Paesi che utilizzano l’energia nucleare. E’ responsabilità di ciascun Paese smaltire i propri rifiuti radioattivi, anche se alcuni Paesi (Russia e Cina) si sono dichiarati disponibili ad accogliere nel proprio territorio, dietro pagamento, i rifiuti radioattivi provenienti da altre Nazioni. Un deposito geologico definitivo viene generalmente realizzato a una profondità di 500 metri in una formazione stabile di roccia, argilla o sale. Il concetto di base è quello delle “barriere multiple”: le scorie radioattive, in forma ceramica di ossido (combustibile irraggiato) oppure vetrificate vengono ”immobilizzate”; vengono poi “sigillate” entro contenitori resistenti alla corrosione come l’acciaio inossidabile o il rame e, finalmente, vengono “sepolte” in una formazione rocciosa stabile.
Altri metodi per stabilizzare i rifiuti ad alta attività sono in fase di ricerca. Uno dei metodi più avanzati è una sostanza chiamata Synroc, un materiale ceramico comprendente tre minerali di titanio che sono geochimicamente stabili e che insieme hanno la capacità di inglobare nella loro struttura cristallina gli elementi presenti nei rifiuti radioattivi, immobilizzandoli.
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