Acque calde, acque fredde
L’aggressività delle acque nei confronti della roccia con cui vengono a contatto dipende quindi dalla composizione chimica delle acque e dai minerali che costituiscono la roccia stessa, ma altri fattori intervengono a complicare le reazioni.
In particolare, la temperatura è un fattore fondamentale, che agisce in due modi, apparentemente contrastanti tra loro. Dalla temperatura infatti dipende la quantità di CO2 che può sciogliersi in acqua: tanto più è bassa la temperatura, tanto maggiore è la quantità di CO2 che (a parità di pressione) può essere sciolta (anche la pressione è importante, ma, potendo subire variazioni relativamente piccole, nelle normali condizioni ambientali, viene, per semplicità, trascurata). Del ruolo della temperatura nell’influire sulla quantità di CO2 disciolta in acqua ci si può rendere facilmente conto osservando ciò che accade stappando una bottiglia di acqua minerale gassata: l’operazione avviene in modo tranquillo se l’acqua è stata appena tolta dal frigo, ma può avere esiti esplosivi se viene effettuata sulla medesima bottiglia lasciata in auto al sole. L’acqua calda, infatti, non può contenere la medesima quantità di CO2 di quella fredda, e si libera della quantità in eccesso sotto forma di grosse bolle, non appena ne ha la possibilità (cioè, quando togliamo il tappo, diminuendo la pressione). Questo fatto tenderebbe, in teoria, a favorire i processi carsici in zone di alta montagna, dove le acque hanno temperature basse e quindi possono contenere un maggior quantitativo di CO2.
Tuttavia, occorre considerare altri due fattori contrari: in primo luogo, la velocità di reazione è tanto più elevata quanto più alta è la temperatura, e, in secondo luogo, a temperature elevate la copertura vegetale e, di conseguenza, la produzione di CO2 nel suolo sono molto maggiori, cosa che rende di fatto le acque calde molto più aggressive di quelle fredde (inoltre, il contenuto di CO2 atmosferico diminuisce con la quota, quindi le acque in montagna, nonostante siano più fredde, hanno un tenore di CO2 comunque più basso).
Ancora una volta, i noiosi lavori domestici ci forniscono occasione di un esperimento: se riscaldiamo i prodotti per la pulizia, la reazione, e quindi la rimozione del “calcare”, è ancora più veloce (l’operazione è, in realtà, sconsigliata, perchè i detergenti utilizzati contengono anche altre sostanze, che, se riscaldate, possono rilasciare vapori tossici e irritanti… al massimo, si può tentare l’esperimento con un bicchiere di aceto caldo, come facevano le nostre sagge nonne!). Di fondamentali importanza per lo studio dei processi di carsismo è la conoscenza del diagramma che mostra la solubilità della calcite a diverse temperature e con diversi quantitativi di CO2 disciolta.
In conseguenza di questo, quindi, le zone più favorevoli alla carsificazione sono quelle dove siano presenti in abbondanza, oltre alle rocce carbonatiche, grandi quantità di acqua ricca di CO2 e a temperatura elevata: queste condizioni si verificano nella fascia intertropicale. La maggior parte delle cavità che si trovano in Italia sono, in effetti, i relitti di grotte formatesi quando il clima era di tipo caldo-umido tropicale anche alle nostre latitudini.
Reazioni complicate
Un altro fattore in grado di innalzare l’aggressività delle acque è la presenza di ioni particolari, come, per esempio, cloro e magnesio, oppure solfuri o solfati: per questo, le acque marine e ancor più le acque marine mescolate con acque dolci sono una miscela fortemente aggressiva. Anche il mescolarsi di acque a chimismo differente dà origine a miscele aggressive. La corrosione per miscela di acque, o effetto Boegli, dal nome dello scopritore, è responsabile della formazione di condotti e gallerie in profondità: è in grado, infatti, di “rinnovare” l’aggressività delle acque, che tenderebbe ad esaurirsi mano a mano che l’acqua corrode la roccia e si arricchisce di carbonato di calcio. Di questo effetto sono testimoni privilegiati gli speleosub, quando, penetrando in condotti carsici allagati da acque marine, osservano il graduale allargarsi dei condotti in prossimità della zona di mescolamento tra acque dolci e marine, oppure quando, in acque dolci, osservano improvvisi allargamenti e forme particolari di corrosione, come le cupole, in corrispondenza di gallerie che si innestano una nell’altra, portando acque a chimismo differente. Per attivare questo meccanismo, non sono necessarie grandi quantità di acqua: forme di corrosione per miscela di acque si osservano, sulle pareti o sulle volte delle gallerie, in corrispondenza di piccolissimi condotti, a volte semplici fratture (le cupole per corrosione da miscela di acque si riconoscono da altre cupole, create dall’erosione meccanica, per il fatto che si restringono in profondità e sono sempre in corrispondenza di condotti o fratture, anche di piccolo diametro).
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