Il mito della Groenlandia rigogliosa
Si sente spesso riportare come prova contro i cambiamenti climatici causati dall’uomo, l’esempio della Groenlandia. Il vichingo Erik il Rosso, circa mille anni fa, chiamò l’isola più grande del mondo “Grönland”, cioè “terra verde”, terra che oggi è ricoperta dai ghiacci per l’84% della superficie. Il vichingo nel 982 d.C. era scappato dal sud-ovest della Norvegia, sua terra natia a causa di alcuni omicidi e avventurandosi verso ignoti lidi, aveva raggiunto prima l’Islanda e in seguito la Groenlandia. Questa è una terra caratterizzata da brevi estati e inverni molto lunghi e rigidi, che però, agli occhi di un Normanno abituato ad eccessi climatici, può essere sembrata più ospitale del proprio paese a causa della gran quantità di pesci, di mammiferi marini e uccelli commestibili presenti. Erik, per potersi insediare in una zona dove la sopravvivenza non è comunque facile, ha bisogno di invogliare altre persone a seguirlo. Tornato in patria racconta in modo entusiastico di una terra fertile che chiama appunto “terra verde” e convince venticinque navi a partire con lui verso questo “paradiso verde”. Quindi, il nome di “terra verde” da solo non può essere una prova inconfutabile di un clima molto più caldo all’epoca dei Vichinghi, ma potrebbe invece rivelarsi una sorta di “slogan” pubblicitario per convincere altri ad insediarsi in un luogo piuttosto inospitale. Sono davvero tanti i nomi geografici che non riflettono esattamente la realtà del luogo, basti pensare alla Conca d’Oro vicino a Palermo, dove una volta si trovavano agrumeti e non di certo oro. Non è da trascurare un ulteriore fatto: resti di insediamenti vichinghi sono stati ritrovati sulla costa sudoccidentale della Groenlandia in zone ancora oggi verdi a causa della presenza di fiordi nell’entroterra che mitigano le temperature. Tuttavia, nel 2007 illustri scienziati hanno analizzato il DNA di materiale fossile rinvenuto nelle profondità del ghiaccio della Groenlandia. Si sono potuti così identificare gli organismi presenti in quella zona: abeti rossi, pini, betulle, ontani, pioppi, coleotteri, mosche, ragni e farfalle. I ricercatori hanno stabilito che il DNA ritrovato risale a un periodo compreso tra 450.000 e gli 800.000 anni fa, ben lontano quindi dal periodo in cui visse Erik il Rosso.
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