Alterazione e perdita degli habitat
Una delle principali minacce per la sopravvivenza delle specie è l’alterazione, la perdita e la frammentazione dei loro habitat. L’uomo, infatti, ha profondamente modificato il territorio a seguito della forte crescita demografica, dello sviluppo industriale, dell’espansione della rete dei trasporti e dell’industrializzazione dell’agricoltura e della pesca.
Un esempio delle conseguenze dell’alterazione degli habitat si ha in Mediterraneo. La Posidonia oceanica è una pianta marina endemica del Mediterraneo, che forma sui fondali sabbiosi delle praterie sommerse, che costituiscono una componente fondamentale dell’equilibrio e della ricchezza dell’ambiente litorale costiero. Questa pianta è di grandissima importanza ambientale, infatti, un metro quadrato di prateria è in grado di produrre ogni giorno da 10 a 15 litri di ossigeno. Inoltre, la prateria ospita un’elevata variabilità biologica sia vegetale sia animale (400 specie vegetali e circa 1000 specie animali), infatti, molti animali vi trovano cibo e riparo. Un’altra importante funzione della Posidonia è quella di protezione del litorale, di cui garantisce la stabilità, riparandola dalle correnti e dalle onde. E’ stato calcolato che la regressione di un solo metro di prateria, può portare alla perdita di circa 15-18 metri di litorale sabbioso. Tra le principali cause di minaccia per le praterie di Posidonia si trova l’attività di pesca con reti a strascico che strappa le piante mettendo a nudo il substrato, difficilmente poi ricolonizzabile dalla pianta stessa. Se la prateria scompare, gli effetti principali riguardano: la perdita di biodiversità, l’alterazione della rete trofica, la riduzione della produttività con conseguente danno alla pesca stessa, l’alterazione della metabolizzazione dei carichi trofici, l’aumento dell’erosione costiera e la conseguente riduzione della qualità ambientale. Nell’ultimo secolo le modificazioni del territorio hanno riguardato soprattutto l’aumento di superfici per l’agricoltura e l’allevamento, la crescita delle aree urbane, lo sviluppo delle reti stradali e delle relative infrastrutture, la costruzione di impianti idroelettrici e delle opere idrauliche, lo sfruttamento dei giacimenti del sottosuolo e l’utilizzo per la pesca di imbarcazioni più potenti e reti più efficaci. A causa di queste modifiche, gli ambienti naturali vengono alterati, distrutti e suddivisi, causando la perdita e la divisione in piccole parti degli habitat.
L’importanza della perdita di habitat è sicuramente intuitiva, mentre il concetto di “frammentazione” è un po’ più difficile da comprendere. Per frammentazione di habitat si intende una divisione del territorio in diverse aree più piccole che possono rimanere in qualche misura connesse tra di loro o essere totalmente isolate. La conseguenza di questo porta alla suddivisione delle popolazioni distribuite in quella data area che risultano, quindi, meno consistenti di quella originaria. Le popolazioni diventano, per questo, più vulnerabili agli stress esterni, alle modificazioni climatiche, al disturbo antropico, ad epidemie e al deterioramento genetico dovuto agli incroci tra individui “imparentati”. La frammentazione impedisce anche spostamenti agevoli per raggiungere i luoghi di riproduzione. Ad esempio, si calcola che ogni anno circa un milione di esemplari di anfibi in Lombardia venga travolto dal traffico automobilistico. In particolare, le specie più interessate da questo problema, sono le rane verdi (Rana kl. esculenta) e il rospo comune (Bufo bufo). Quando questi animali si spostano verso i siti di riproduzione, sono costretti ad attraversare numerose strade asfaltate che in Lombardia spesso circondano i corsi d’acqua. Gli adulti riproduttori, quindi, vanno incontro a uno sterminio di massa a causa del loro cammino lento e goffo durante il crepuscolo o le ore notturne, ancor prima di aver deposto le uova. E’ dimostrato che l’impatto stradale può causare l’estinzione di queste popolazioni di anfibi.
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