I ghiacciai, una risorsa
L’acqua dei torrenti in montagna percorre dislivelli elevati che determinano un potenziale energetico ottimale, ma generalmente le portate sono troppo variabili per essere sfruttate con continuità. Le acque di fusione glaciali garantiscono un apporto di grandi quantità di acqua durante la stagione estiva, quando gli altri corsi sono in secca: basta confrontare, a parità di piovosità, le portate estive dei corsi d’acqua alpini e del Centro e Sud Italia per rendersi conto dell’importanza dell’esistenza di apparati glaciali sul regime delle acque superficiali.
Per questo motivo, moltissimi impianti idroelettrici in zone montuose sono alimentati da acque di fusione glaciale e in moltissimi casi la captazione avviene direttamente sui torrenti che escono dai ghiacciai. Paesi come la Svizzera, l’Austria, l’Italia o la Nuova Zelanda, furono tra i primi a sfruttare la potenzialità produttiva delle acque glaciali: all’inizio degli anni ’70, il 64% del fabbisogno energetico della Svizzera era coperto dalla produzione delle centrali idroelettriche, per la maggior parte alimentate direttamente o indirettamente da acqua di fusione glaciale. Sulle Alpi italiane, moltissimi esempi si osservano nelle regioni montuose del Nord, come Piemonte, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Lombardia, dove la presenza dei ghiacciai permette un utilizzo intensivo della risorsa idrica come fonte di energia.
Uno degli esempi più grandiosi di sfruttamento delle risorse idriche dei ghiacciai alpini è la diga a gravità di Dixence, in Val des Six, in Svizzera: con un muro di 285 m è la più alta dell’arco alpino, una delle più alte nel mondo e sostiene un invaso con una capacità di 400 milioni di m3. Una rete di più di 100 km di gallerie e canali derivatori sotterranei raccoglie le acque del Ghiacciaio di Cheilon e dei ghiacciai che scendono dal Monte Rosa e dal Cervino, con impianti che complessivamente occupano una superficie di 357 km2, metà dei quali sono coperti da ghiacciai (dati Smiraglia, 1992).
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